In caso di sospensione di lavori pubblici da parte dell’appaltante per la scoperta di reperti archeologici, il protrarsi illimitato della sospensione è irragionevole, nonché contrario ai principi di correttezza e buona fede e, conseguentemente, l’appaltatore potrà chiedere il risarcimento dei danni subiti a causa dell’ingiustificata sospensione (la quale è funzionale alla sistemazione fisica dei beni rinvenuti, che deve avvenire nel più breve tempo possibile per consentire la ripresa dei lavori).
La Corte di Cssazione ha altresì specificato (sent. 2316/2016) che, al fine di ottenere il risarcimento, l’appaltatore dovrà formulare la riserva di risarcimento nel verbale di ripresa dei lavori, o in un qualsiasi atto successivo al verbale che dispone la sospensione delle opere, quando questa, legittima inizialmente, sia divenuta illegittima per la sua eccessiva protrazione, con il conseguente collegamento del danno a tale illegittimo protrarsi, poiché, in siffatta ipotesi, la rilevanza causale del fatto illegittimo dell’appaltante rispetto ai maggiori oneri derivati all’appaltatore è accertabile solo al momento della ripresa dei lavori.